Lettera alle Amiche e agli Amici
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dopo 5 anni di Casa Famiglia, lo sguardo aperto sul domani 2018-2023 > 5 anni di Casa Famiglia
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1. Sogni di un mondo-Casa/Famiglia
- IL SOGNO DI S. PAOLA ELISABETTA CERIOLI
- IL SOGNO DELLA SCUOLA E DELLA CONGREGAZIONE
- IL SOGNO DI DUE FAMIGLIE PER IL ‘RISVEGLIO’ DI ALTRE FAMIGLIE
IL ‘SOGNO’ DI S. PAOLA ELISABETTA CERIOLI: DARE ‘FAMIGLIA’ e FUTURO A CHI NON AVREBBE POTUTO AVERE FAMIGLIA E FUTURO!
Quando s. Paola Elisabetta fu «pronta» a sentire il «grido» silenzioso e innocente di Adele -la prima bambina orfana della sua ‘nuova’ famiglia- Le aprì con ferma decisione il portone del suo Palazzo di Comonte di Seriate (BG) perché ormai il suo cuore era stato definitivamente ‘aperto’ dall’ela-borazione del lutto per la perdita di Carlo e degli
altri suoi figli, e di suo marito (anno 1855). Spalancato il portone, accompagnò la bambina orfana tra i corridoi e le stanze del suo Palazzo, poi la spogliò dei suoi cenci, la lavò amorevolmente, la rivestì, l’accompagnò davanti a Dio in chiesa e, dopo averle acceso il sorriso, le diede un grande abbraccio: quelle braccia slanciate erano il suo cuore ormai accogliente e puro. Da quel giorno del martedì santo del 3 aprile 1855 (a breve domenica 8 aprile si sarebbe festeggiata la Pasqua, tempo di risurrezione e di rinascita), la Casa cominciò a pullulare di bambine orfane, il cui vociare sconnesso ruppe il clima ingessato di quel nobile Palazzo e aprì una fessura su un nuovo mondo: essere nuovamente madre di bambine orfane -figlie, le considerava- che la Provvidenza aveva guidato fino a lei. Non tutti compresero la forza di quell’abbraccio perché parenti, servi e gente del paese cominciarono ad accusarla di ‘essere andata fuori di testa’ a causa della perdita dei figli!
Nel ‘segno’ della bambina orfana, Ella scorse i figli ‘annunciati’ da Carlo («mamma, non piangere, perché il Signore ti darà come le stelle del cielo tanti altri figli») e così quel sogno ha continuato ad allargarsi e ampliarsi fino ad arrivare a noi: Lei continua a sognare oggi attraverso la vita di fratelli/sorelle che si connettono al Suo sogno, alla sua intuizione carismatica.
Cosa potremo mai sognare oggi e quale eredità sarà mai possibile realizzare se non questa? Noi come religiosi e religiose e laici continuiamo a credere -proprio perché l’esperienza ogni giorno ce lo conferma- che la casa famiglia sia oggi la forma più coerente di accoglienza per gli ‘orfani’ di questa cultura[1] come fu per la Cerioli l’accogliere gli orfani del suo tempo.
Quindi questo PARADIGMA DELL’ACCOGLIENZA della prima bambina ‘orfana’ ha segnato in modo singolare la vita di S. Paola Elisabetta perché ha chiuso la sua vita di un tempo («fredda e indifferente») e ha aperto quella dell’essere nuovamente madre, della ‘seconda nascita’, e della seconda famiglia, e tuttavia diventa anche paradigma dello stile di servizio dei religiosi/e della Congregazione della Sacra Famiglia. È ‘quel’ segno che dà forma alle altre scelte di Congregazione: pertanto anche a monte dell’attuale esperienza scolastica sta il gesto coraggioso di chi scende dal suo ‘posto’ di nobile per condividere la vita dei bambini orfani: la Cerioli che aveva imparato a vivere dall’alto della sua nobiltà ora ricomincia dall’alfabeto della figliolanza e dell’infanzia spirituale.
E il ‘paradigma’ orfano non riguarda solo il destinatario, l’orfano appunto, ma anche il soggetto che si prende cura: la Cerioli voleva che i religiosi e le religiose insieme (uomini e donne) fossero lo specchio della Santa Famiglia, fossero cioè quel padre e quella madre che quei ‘figli’ e quelle ‘figlie’ di san Giuseppe non avevano avuto, presupposto per poter costruire il futuro! La Cerioli voleva per questo che i religiosi-Giuseppe e le religiose-Maria accompagnassero nella quotidianità fatta di lavoro e di amicizia questi orfani.
Quindi Orfani e Famiglia, insieme. Questo è il cuore del carisma cerioliano.
IL SOGNO DELLA SCUOLA E DELLACONGREGAZIONE: FARE ‘FAMIGLIA’ PER IL FUTURO DI CHI NON AVREBBE POTUTO AVERE FAMIGLIA E FUTURO.
La ‘scintilla’ di quell’abbraccio che ha smosso il cuore di s. Paola Elisabetta è la nostra eredità spirituale di religiosi/e insieme di laici.
Per noi religiosi e religiose della Sacra Famiglia l’abbraccio della bambina orfana (e poi a tutte quelle che sono arrivate successivamente) -che ha segnato in modo singolare la vita di S. Paola Elisabetta perché ha chiuso la sua vita di un tempo «fredda e indifferente» e ha aperto quella della ‘seconda nascita’, dell’essere nuovamente madre e della seconda famiglia- ha la forza di una eredità «spirituale» e di un’esperienza «paradigmatica» cioè di una eredità da custodire e far crescere, eredità che plasma le scelte e le decisioni del nostro essere e del nostro fare, in un’epoca certamente diversa e in contesti cambiati rispetto a quelli in cui viveva s. Paola Elisabetta. La Congregazione nella sua storia ha sempre custodito e fatto crescere questo paradigma, questo prezioso tesoro della cura dei bambini e delle bambine orfane sotto la custodia premurosa di religiosi e religiose che si accompagnavamo alla loro vita conducendoli in campagna o abilitandoli ai lavori di casa, con l’intento di ‘attrezzarli’ per il loro futuro. I ‘fratelli’, sostenuti dai padri nell’educazione, educavano questi figli secondo le intenzioni della Fondatrice aveva il suo centro nell’educazione religiosa[2]. Fra’ Giovanni scrivendo a suor Rosa afferma: “alla fine i figli non sono bagagli, ma nostri figli adottivi”. Dopo gli anni della guerra (1941-1963) l’educazione ‘contadina’ impartita nelle nostre Case e la destinazione a orfani e orfane non sembrava più adeguata a preparare i minori ad affrontare la vita futura. Per questo dalla forma ‘orfanotrofio’ si è passati gradualmente alla forma ‘Collegio’ e poi alla ‘Scuola’: i bambini erano inseriti nel sistema scolastico nazionale, con la scuola elementare e poi quella dell’”Avviamento”, che diventerà la “Media Unica” (1963). Ma nella nostra Congregazione accade quello che è accaduto per ogni Istituzione religiosa educativa: dall’accoglienza dei più poveri da parte dei Fondatori/Fondatrici si passò ad accogliere coloro che garantiscono un contributo economico, perdendo anche un po’ il senso ‘originario’ della missione educativa[3].
Sarà possibile «integrare» la dedizione a ogni figlio/a ogni figlia attraverso la scuola e l’educazione CON la cura per i «nuovi» orfani, quelli che la nostra Fondatrice accoglierebbe se ci fosse lei, qui, oggi, in Italia come in Brasile e in Mozambico? Questa domanda rimane da sempre nel ‘sottosuolo’ della nostra vita. È vero che i “nuovi orfani”, oggi, hanno spesso un padre e una madre; anche se in situazioni di estrema fragilità e difficoltà; fanno parte di sistemi relazionali a volte complessi, altre fortemente compromessi, altre ancora del tutto inesistenti. È vero che la realtà sociale è molto cambiata ma, consapevoli di questo, ci siamo chieste se tra i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze di oggi, possiamo ‘scegliere’ -in uno sforzo di discernimento creativo collettivo- di dedicarci anche a quelli che la Fondatrice sceglierebbe se fosse tra noi? Nella Congregazione ci sono già comunità educative e familiari che ci interpellano non come una attività tra le altre, ma come le radici e le ali del carisma cerioliano per il futuro che ci viene incontro attraverso le storie di bambini e bambine fuori famiglia: in Mozambico abbiamo l’orfanatrofio San José dove bambini e bambine non hanno un papà e una mamma, mentre in Brasile il Lar Carlinhos si presenta come Comunità educativa, in Italia, nella Comunità di Orzinuovi esiste la Comunità familiare il Campo di s. Paola Elisabetta.
Noi come Congregazione continuiamo a credere che la comunità educativa e familiare sia la forma più coerente di aggiornamento e ritrascrizione del carisma cerioliano di accoglienza dei minori ‘orfani’ di oggi come fu per la Cerioli l’accoglienza degli orfani del suo tempo. E non solo per i destinatari, ma anche per il coinvolgimento delle famiglie e degli insegnanti educatori.
Oggi accogliere un orfano non è più come al suo tempo, e certamente se guardiamo ai religiosi tutto depone a sfavore della possibilità di sussistenza di questa opera da parte dei religiosi (e delle religiose). Forse sta proprio qui un messaggio di Dio che dobbiamo decifrare?
IL SOGNO DI DUE FAMIGLIE: FARE ‘FAMIGLIA’ CON LA CONGREGAZIONE PER UN SERVIZIO AI NUOVI ORFANI e PER IL RISVEGLIO DI COSCIENZA di ALTRE FAMIGLIE.
Oggi non esisterebbe la nostra Casa famiglia se il sogno della Cerioli e della Congregazione-Scuola non avessero intercettato anche il sogno di altre due famiglie, disposte a mettersi in gioco proprio in ragione del restituire un poco del molto ricevuto dalla vita: hanno lasciato la loro Casa con i loro figli; hanno lasciato il lavoro; hanno lasciato la vita tranquilla di una casa per aprirsi ai nuovi ospiti.
Con le due famiglie e con un gruppo di amici ‘sostenitori’ dopo aver imparato a conoscerci e a collaborare nella Scuola abbiamo provato a costruire una partnership a movente ideale, insieme a una alleanza relazionale perché volevamo stare bene insieme nelle nostre relazioni; e una partnership economica.
È stato singolare che quando nel 2013 ci siamo messi a tavolino per pianificare l’esperienza non sia scoccata la scintilla giusta per accendere il progetto, ma noi abbiamo continuato a coltivare il SOGNO, e nel momento in cui abbiamo tenuti vivi i desideri, attraverso qualcosa come una scintilla, tutto è partito, e come un fiume tutto è andato avanti.
Questo stile si è allargato, piano piano, coinvolgendo amici e amiche, insegnanti/educatrici e famiglie della Scuola fino ad arrivare ad ‘affidare’ alcuni minori giunti in casa famiglia a persone della Rete della Casa famiglia. Il bene e la creatività crescono e si sviluppano come un fuoco quando trovano fertile terreno!
Accarezzare il sogno di riscrivere il carisma della Cerioli dentro a un contesto sociale ed ecclesiale dell’Occidente cambiato è stato il percorso della Comunità di Orzinuovi nel decennio 2010-2020.
[1] Gli orfani di oggi sono i figli che materialmente -per le ragioni più svariate- non hanno un papà o una mamma, o solo uno dei due.
Sono anche i minori fuori famiglia di origine, perché non ci sono le condizioni elementari per crescere in una famiglia: genitori tossicodipendenti, dipendenti dall’alcool o da sostanze, dipendenti dalla tecnologia, condizioni di vita materiale (casa) oppure di vita familiare ed educativa inadeguate (genitori poveri di struttura educativa).
Sono anche i minori non accompagnati che arrivano con i barconi in Italia, un fenomeno in ampio allargamento.
Dalla condizione materiale si può allargare lo sguardo: l’orfananza/l’orfanezza può diventare un paradigma esistenziale:
ogni figlio è orfano ‘dentro’,
ogni figlio è orfano di Dio, fino a quando non sceglie di cercare Dio nella sua vita.
Ogni figlio è radicalmente orfano di fronte al mistero della sua vita.
[2] I due scritti ritrovati sulla scrivania della superiora dopo la sua morte, i cui titoli stessi (DUE PAROLE AD UN’ALLIEVA NEL GIORNO DEL SUO MATRIMONIO E MEMORIA AD UNA FIGLIA DI S, GIUSEPPE LA VIGILIA DI SUA PARTENZA PER ANDARE A SERVIZIO) bastano a testimoniare come l’amorevole cura della Cerioli per le “sue” figlie andasse ben oltre il periodo della loro permanenza nell’istituto; ma non si possono scordare neppure LE RICREAZIONI FESTIVE (dedicato ad illustrare scopi e modalità dell’oratorio festivo che andava prendendo piede nella Diocesi di Bergamo in quegli anni) e il CATECHISMO AGRARIO.
[3] Fra’ Giovanni, primo frate, scrivendo a suor Rosa afferma che questi sono figli ‘adottivi’: “alla fine i figli non sono bagagli, ma nostri figli adottivi”. Dopo gli anni della guerra (1941-1963) l’educazione ‘contadina’ impartita nelle nostre Case e la destinazione a orfani e orfane non sembrava più adeguata a preparare i minori ad affrontare la vita futura. Per questo dalla forma dell’orfanotrofio’ si passò gradualmente alla forma del Collegio e della Scuola: i bambini erano inseriti nel sistema scolastico nazionale, con la scuola elementare e poi quella dell’AVVIAMENTO, che diventerà la MEDIA UNICA (1963). Così nella nostra Congregazione accadde quello che avvenne per ogni Istituzione religiosa educativa: all’accoglienza dei più poveri, da parte dei Fondatori/delle Fondatrici, si passò ad accogliere coloro che potevano garantire un contributo economico, perdendo anche un po’ il senso ‘originario’ della missione educativa.
Foto di natik_1123 da Pixabay
Autore
- La Redazione
Data
- 27/12/2023
Rubrica
- Agli Amici